VYGOTSKIJ, IL GIARDINIERE E L’AREA DI SVILUPPO PROSSIMO

La pubblicazione del volume: L. S. Vygotskij La science du développement de l’enfant Textes pédologiques (1931-1934)[1] assume grande importanza, sottolineata anche dagli editori Leopoldoff Martin et Bernard Schneuwly, per due motivi; mette ‘a disposizione del grande pubblico per la prima volta testi mai riuniti fino ad oggi, questi documenti sono stati anche, nella loro maggioranza, rimasti inaccessibili a un pubblico che non legge il russo (ma nella maggioranza dei casi ai russi stessi n.d.r.); da accesso a una parte del lavoro poco conosciuto di Vygotskij, quello del pedologo.

Il libro include tre serie di testi. Il primo, Fondamenti della scienza della pedologia, riunisce sette corsi tenuti da Vygotskij, l’Istituto pedagogico A.I. Herzen di Leningrado e l’Università statale di Mosca (2 MGU) nel 1933/34. La seconda serie, intitolata La periodizzazione dell’età evolutiva del bambino, comprende anche testi orali ricostituiti basati sugli ultimi stenogrammi di Vigotskij degli ultimi incontri del 1933/34. Il terzo e ultimo set, La pedologia e la relazione con le altre scienze, ripristina tre scritti in cui Vygotskij determina la relazione della pedologia con altre scienze strettamente correlate e specifica la sua posizione epistemologica, nella prospettiva dell’elaborazione di una ‘scienza dello sviluppo infantile’.

Abbiamo quindi tra le nostre mani la possibilità di leggere i pensieri di Vygotskij sulla pedologia fino a pochi ‘giorni’ prima della sua morte.

La lettura di questi testi modifica notevolmente una serie di questioni ‘aperte’ sulle idee di Vygotskij fino ad oggi affrontate in maniera erronea se non quando mistificata e che orami, fanno parte di ingombranti luoghi comuni tanto che Vygotskij è stato usato spesso come “un ‘chewing gum’ per tutti, ogni giorno, e in ogni occasione”.[2]

Va da se che affrontare Vygotskij senza la lettura di questo testo e senza quella dell’altra grande novità data dalla pubblicazione, del titanico lavoro Vygotsky’s Notebooks[3], sarebbe oggi insostenibile non fosse altro perché si ritorna e si può ripartire da testi originali. Il consiglio è quindi quello di leggerli.

Tra le varie questioni teorico-pratiche affrontate nelle lezioni di pedologia ve ne è una che mi ha sempre interessato: l’area di sviluppo prossimo. Mi ha ulteriormente colpito perché la si ritrova ‘come un punto centrale’ all’interno delle lezioni di pedologia (molte soprese!) e viene richiamata ‘in un certo modo’ alla fine del volume, sono proprio le ultime parole.

“Il linguaggio scritto richiede funzioni che sono ancora poco mature nei bambini. Sono formate nel processo di apprendimento della lingua scritta. È diventato possibile per l’umanità solo quando è stata creata la lingua scritta. Quindi, un buon insegnamento è uno che anticipa lo sviluppo.

Ci sono tutte le ragioni per supporre che nello sviluppo infantile il ruolo dell’educazione sia quello di creare un’area di sviluppo prossimo.

L’insegnante, durante il suo insegnamento, crea una serie di germogli, vale a dire, risveglia i processi di sviluppo della vita che devono completare il loro ciclo per produrre frutti. Inculcare nuove idee al bambino, indipendentemente dal processo di sviluppo, può solo abituarlo a un’attività esterna, come battere a macchina. Per essere in grado di creare un’area di sviluppo prossimo, cioè di generare una serie di processi di sviluppo interni, è necessario disporre di processi di insegnamento correttamente costruiti.”[4]

Il richiamo che specificatamente mi ha interessato è questo:

“L’insegnante, durante il suo insegnamento, crea una serie di germogli, vale a dire, risveglia i processi di sviluppo della vita che devono completare il loro ciclo per produrre frutti.”

Ha suscitato in me ‘una immagine da vecchi ricordi’ su di un libro fondamentale (uno dei molti) per la comprensione di Vygotskij: Psicologia pedagogica.[5]

Ricercando i possibili riscontri, trattandosi di frutti, va da se che una ‘ciliegia tira l’altra’ e così ho riletto, dopo molto tempo, anche l’introduzione al libro di Maria Serena Veggetti e ho visto, almeno mi pare, che i concetti espressi nel 1933 abbiano avuto un periodo di maturazione ben lungo data la loro presenza già nel 1926, se non da prima, dato quanto scrive la figlia di Vygotskij nella biografia del padre[6].

Più che maturazione si è trattato di elevazione della qualità nella conoscenza degli stessi. Per fare un esempio, caro a noi veneti e non solo, si è trattato di: un preciso e attento lavoro su un vino in una cantina, prodotto anni prima da un’uva di qualità, lasciato maturare lentamente in botte fino a quando il cantiniere ritiene si sia sviluppato. In questo sviluppo, elementi biologici (tipo e qualità dell’uva) e fattori sociali (sistemi di produzione utilizzati dal cantiniere) sono nel loro assieme fondamenti per la creazione di un sempre nuovo prodotto.

Scrive la Veggetti: nell’introduzione a Psicologia Pedagogica:

Nel presente volume (Psicologia Pedagogica n.d.r.), per esempio, Vygotskij, quando definisce, nell’ultimo capitolo dedicato alla psicologia e il maestro, I’essenza della vita come consistente nella creazione, adopera a proposito dell’educazione un’espressione molto forte, citata da Trockij, per cui l’educazione attuerebbe una rifusione, (pereplavka, da plavit’, fondere) dell’uomo, sostenendo che comunque questa rifusione non può fare a meno, anzi ha bisogno, della massima utilizzazione del patrimonio congenito. Il mettere in risalto la creazione individuale e l’apporto personale che sempre si verifica nel rapporto educativo rappresenta una costante della sua concezione, che dovrebbe esser tenuta presente anche nella lettura di opere successive, in cui egli presenterà l’idea “dell’area di sviluppo prossimo”[7] e la sociogenesi, delle funzioni psichiche superiori”[8]

Il quadro sembra formarsi con precise connessioni e riferimenti che variano costantemente con il prisma della prospettiva di Vygotskij mettendole sotto altra luce: in questo caso Trotskij[9] il quale propone il processo di conoscenza come rifusione costante di elementi passati e loro sociogenesi in quella che potremmo definire una cantina di raffinazione, costruzione e creazione delle ‘eccellenze’ umane, le idee e i loro prodotti: cantinaarea di sviluppo prossimo.

Ma torniamo alle sementi e ai frutti richiamati alla fine delle lezioni di pedagogia. Ora mi è chiara l’immagine che si è presentata alla lettura del succitato brano: il giardiniere (insegnate) che nel giardino (area di sviluppo prossimo) presta la sua opera.

Ma dove di trova questa ‘mia immagine ricordo’ in Psicologia Pedagogica?

La troviamo al capitolo 4: I fattori biologico e sociale nell’educazione.[10]

Riporterò ampi stralci del capitolo lasciandovi il piacere di leggerlo, se già non lo avete fatto, anche perché, vi troverete alcune basi del pensiero di Vygotskij senza le quali risulta difficile la sua completa comprensione nelle opere più mature in particolare dopo ‘l’opportunistica’ interpretazione compiuta per la maggioranza dei casi in occidente dove Vygotskij cambiava a seconda delle correnti psicologiche a cui veniva riferito (culturalismo, cognitivismo ecc.).[11]

Il mio compito sarà solo quello di mettere dei titoli per guidarne la lettura.

L’educazione deve essere organizzata in modo tale che non si educhi l’alunno, ma che l’alunno si educhi sa se.

Da quanto finora esposto, si possono trarre deduzioni psicologiche estremamente importanti riguardo alla natura e all’essenza del processo educativo. Abbiamo visto che il comportamento dell’uomo è composto dalle particolarità biologiche e sociali e dalle condizioni della sua crescita. Il fattore biologico è quella base, quel fondamento delle reazioni innate, che costituisce quei limiti dai quali l’organismo non è in grado di svincolarsi e sul quale si innesta il sistema delle reazioni acquisite.

E qui, con perfetta evidenza, emerge che questo nuovo sistema di reazioni è determinato interamente dalla struttura dell’ambiente nel quale l’organismo cresce e si sviluppa. ogni educazione comporta perciò, inevitabilmente, un carattere sociale.

L’unico educatore in grado di creare nuove reazioni nell’organismo è l’esperienza.[12] Ha significato soltanto quel nesso che viene dato nell’esperienza personale. Ecco perché I’esperienza personale dell’educando diventa la base fondamentale del lavoro pedagogico. A rigore di termini, dal punto di vista scientifico, non si può educare un’altra persona[13]. Non si può esercitare un’influenza diretta ed effettuare cambiamenti nell’organismo altrui: si può soltanto educare se stessi, cioè cambiare le proprie reazioni innate attraverso la propria esperienza.[14]

“I nostri movimenti sono i nostri maestri”. ll bambino, in fin dei conti, si educa da sé. Nel suo organismo, e da nessun’altra parte, avviene quella lotta decisiva delle diverse influenze che determinerà per lunghi anni il suo comportamento. In questo senso I ‘educazione in tutti i Paesi e in tutte le epoche è sempre stata sociale, per quanto potesse essere antisociale la sua ideologia. Sia nel seminario, sia nell’antico ginnasio, sia nel corpo dei cadetti e nell’istituto per fanciulle come anche nelle scuole della Grecia, del medioevo e dell’oriente, non erano i maestri e gli istitutori a educare, ma quell’ambiente scolastico sociale che si veniva a creare in ogni singolo caso.

Perciò, la passività dell’alunno come sottovalutazione della sua personale costituisce il più grande errore dal punto di vista scientifico, poiché accoglie a fondamento la falsa regola che il maestro è tutto, mentre l’alunno è niente. Al contrario, il punto di vista psicologico esige di riconosce che nel processo educativo l’ esperienza personale dell’ alunno rappresenta tutto. L’educazione deve essere organizzata in modo tale che non si educhi l’alunno, ma che l’alunno si educhi da sé.[15]

Il ruolo del maestro.

Attribuendo un tale esclusivo significato all’esperienza personale possiamo ridurre a zero il ruolo del maestro? Possiamo sostituire la formula precedente: “Il maestro è tutto, l’alunno niente” con la sua inversa: “L’alunno è tutto e il maestro niente”. In nessun caso. Se dobbiamo, da un punto di vista scientifico, negare al maestro la capacità di un’influenza educativa diretta, la capacità mistica di “modellare l’animo altrui” in modo naturale, allora è proprio per questo che gli riconosciamo un significato infinitamente più importante’

Abbiamo finora constatato che l’esperienza dell’alunno e l’instaurazione dei riflessi condizionati sono determinati interamente e totalmente dall’ambiente sociale. Basta cambiare l’ambiente sociale perché cambi istantaneamente il comportamento dell’uomo.[16]

Il maestro, il giardiniere e l’area della coltivazione per i prossimi frutti.

E se il maestro è impotente nell’interazione diretta con l’alunno , è invece onnipotente per l’influsso diretto su di lui attraverso l’ambiente sociale. Quest’ultimo è la vera leva del processo educativo e tutto il ruolo dell’educatore si riduce alla gestione di questa leva. Come il giardiniere sarebbe pazzo se volesse influire sulla crescita delle piante tirandole direttamente fuori dalla terra con le sue mani, allo stesso modo il pedagogo si porrebbe in contrasto con la natura dell’educazione se si sforzasse di agire direttamente sul bambino. Ma il giardiniere influisce sulla germogliazione del fiore alzando la temperatura, regolando l’umidità, cambiando la disposizione delle piante vicine, raccogliendo e mescolando terreno e concime, cioè, ancora una volta in modo indiretto, attraverso adeguati cambiamenti dell’ambiente. Così anche il pedagogo, modificando I’ambiente, educa il bambino.

Nel tal caso bisogna tenere presente che il pedagogo esercita nel processo educativo un duplice ruolo e, sotto questo aspetto, il lavoro del maestro non rappresenta un’eccezione rispetto a tutti gli altri aspetti del lavoro umano, anch’esso duplice per natura. sia nelle forme più primitive che in quelle più complesse del lavoro umano, il lavoratore esercita due ruoli: da una parte quello d i organizzatore e sovrintendente della produzione e dall’altra quello di parte della propria macchina. Prendiamo, per esempio, il lavoro di un conducente di risciò giapponese che trasporta i passeggeri per la città e confrontiamolo con il lavoro del conducente di un tram. Il conducente del risciò rappresenta una semplice fonte di forza fisica, di traino, e con i suoi muscoli e con la sua forza nervosa sostituisce la forza del cavallo, del vapore o dell’elettricità. Ma, contemporaneamente a ciò, egli non è soltanto parte della sua macchina ma svolge anche un ruolo per il quale non è sostituibile né dal cavallo, né dal vapore, né dall’elettricità: egli è anche il comandante, il sovrintendente, il regolatore e l’organizzatore di questa semplice attività. Alza le stanghe, al momento opportuno si mette in cammino e ferma la vettura, aggira gli ostacoli, svolta nelle curve, sceglie la direzione necessaria.

Gli stessi due momenti li troviamo anche nel lavoro del conducente di un tram. Anche lui muove, con il proprio sistema muscolare, il pedale del freno o del motore e trasmette segnali con la forza meccanica del colpo di piede. In questo modo anch’egli rappresenta una semplice parte della propria macchina, una parte che cambia la disposizione delle altre. Molto più evidente è il secondo ruolo del conducente: quello in cui è organizzatore e sovrintendente di tutto questo sistema complesso di motore, freni e segnali.[17](…)

Allo stesso modo anche il maestro rappresenta, da un lato, l’organizzatore e il sovrintendente dell’ambiente sociale educativo e, dall’altro, una parte di questo ambiente. laddove sostituisce i libri, le carte, il vocabolario, i compagni, agisce come il conducente del risciò che fa la parte del cavallo. Quando il maestro, allo stesso modo del guidatore di risciò, agisce come parte del sistema della macchina educativa, dal punto di vista scientifico non appare come educatore. Risulta essere educatore soltanto se, mettendosi in ombra, chiama al servizio le forze potenti dell’ambiente, le governa e le obbliga a servire I‘educazione.

In questo modo si arriva alla seguente formula del processo educativo: l’educazione si attua attraverso l’esperienza personale dell’alunno che è interamente determinata dall’ambiente e il ruolo del maestro si riduce a organizzare e a ordinare l’ambiente stesso.[18]

Passeggiando tra i frutteti.

Il richiamo ai frutti è spesso presente in Vygotskij e ciò avviene anche nelle lezioni di Pedologia oltre a quanto abbiamo già richiamato e sempre in relazione all’area di sviluppo prossimo.

I compiti per una diagnosi dello sviluppo sono possibili solo sulla base di una conoscenza ampia e approfondita della cronologia completa del corso dello sviluppo del bambino, di tutte le peculiarità di ogni età, fasi e fasi, di tutti i tipi di sviluppo normale e anormale, l’intera struttura e le dinamiche dello sviluppo infantile in tutta la loro diversità. Quindi, di per sé, la determinazione del livello effettivo di sviluppo e l’espressione quantitativa della differenza tra l’età del passaporto e l’età standard del bambino, o i loro rapporti tradotti dai coefficienti di sviluppo, rappresentano solo il primo passo sulla via della diagnosi pedologica.

In effetti, una simile valutazione del livello effettivo del livello di sviluppo non solo non cattura l’intero quadro dello sviluppo, ma spesso incorpora parti insignificanti. Osservando la presenza di tali sintomi per determinare il livello effettivo di sviluppo, infatti, identifichiamo solo il quadro generale dello sviluppo che integra processi, funzioni e specificità che hanno già raggiunto la maturità. Ad esempio, valutiamo le dimensioni, il peso e altri indicatori dello sviluppo fisico che caratterizzano i cicli di sviluppo già completati. Questo risultato è l’obiettivo raggiunto dallo sviluppo alla fine di un periodo passato.

Questi sintomi ci dicono come lo sviluppo ha funzionato prima piuttosto che come è fatto nel presente e quale direzione prenderà in futuro. Va da sé che uno dei fattori essenziali nella valutazione dello sviluppo presente e futuro è conoscere i risultati dello sviluppo precedente. Ma da solo, è totalmente inadeguato. In senso figurato, nel trovare il vero livello di sviluppo, definiamo solo i frutti dello sviluppo, cioè ciò che è già maturato e compiuto nel suo ciclo genetico. Ma sappiamo che la legge fondamentale dello sviluppo è la temporalità multipla delle maturazioni dei diversi aspetti della personalità e della loro specificità. In un momento in cui alcuni processi di sviluppo hanno già fruttato e completato il loro ciclo, altri processi sono in una fase di maturazione. Una vera diagnosi di sviluppo deve saper integrare non solo i cicli di sviluppo completati, non solo i frutti, ma anche i processi che si trovano in un periodo di maturazione. Come il giardiniere ci si comporterebbe in modo scorretto se, nel valutare il suo raccolto, contasse nel suo giardino solo i frutti già maturi, senza tenere conto degli alberi con frutti ancora verdi, il pedologo che si limita solo a una valutazione di quanto accaduto alla maturità, tralasciando ciò che matura ancora non può avere una rappresentazione esatta e completa dello stato interno dell’intero sviluppo e quindi, non può passare ad una diagnosi sintomatica e clinica.

La valutazione dei processi che non sono ancora maturi oggi, ma sono in via di maturazione, è il secondo compito della diagnosi evolutiva. Questo compito consiste nel trovare le aree di sviluppo prossimo.[19]

[1] Vygotskij L. (2018), La science du développement de l’enfant Textes pédologiques (1931-1934), Peterleng, Berna.

[2] Dafermos M. (2016) Critical Reflection on the Reception of Vygotsky’s Theory in the International Academic Communities, Cultural-Historical Psychology , Vol. 12, no. 3, p. 27.     http://psyjournals.ru/files/83609/kip_3_2016_dafermos.pdf

[3] Zavershneva E. René Van der Veer (2018), Vygotsky’s Notebooks A Selection, Spinger.

[4] Vygotskij L. (2018), p.400 (nostra traduzione).

[5] Vygotskij L. (2006) Psicologia Pedagogica Manuale di psicologia applicata all’insegnamento e all’educazione, Erikson, Gardolo (TN).

[6] Ghiro A. (2016) Freud in Vygotskij, Cleup, Padova, p.49. La figlia sostiene che La psicologia dell’arte e Psicologia Pedagogica nascano direttamente dal lavoro di Vygotskij fatto negli anni di Gomel. Secondo una testimonianza di A. R. Lurija, parte dei testi di Psicologia pedagogica sarebbero di fatto quelle che oggi noi chiamiamo ‘dispense’, preparate da Vygotskij per le sue varie lezioni a Gomel. La figlia ci ricorda in oltre che: «Questo libro è stato pubblicato molto tempo fa, e non è stato più ripubblicato Pochi anni dopo che è uscito, il libro è stato vietato secondo V. V. Davydov «Per puerili ragioni ideologiche », che sono, per il nostro tempo, assurde e quasi incomprensibili. Il divieto non è stato revocato fino alla fine degli anni ottanta».

[7] Enfasi nostra.

[8] Vygotskij L. (2006) pp.27/8.

[9] Mecacci L. (2917) Le vere ‘colpe’ di Vygotskij, Il sole 24 Ore, Domenica 09 Luglio 2017. Articolo sulle cause dell’ostracismo del governo sovietico nei confronti di Vygotskij.

“ Comunque al governo stalinista doveva disturbare non tanto il rapporto (di Vygotskij n.d.r) con la vecchia guardia leninista, progressivamente falciata via, ma quello ideologico con Trotckij. Questo fu, secondo me, il vero problema: alla fine Vygotskij fu tacciato di trockismo per il suo marxismo eterodosso, per i suoi riferimenti (poi omessi in tutte le edizioni anche recenti delle sue opere) alla concezione di un «superuomo» figlio della nuova società socialista (e dellla rifusione n.d.r.), un’idea che aveva proposto il «nemico del popolo» numero uno. In un appunto del 1926, Vygotskij mise insieme nientemeno che – in quest’ordine – Trockij, Freud e Marx come gli autori chiave per la fondazione di una psicologia marxista (Trockij aveva apprezzato la psicoanalisi).”

[10] Vygotskij L. (2006) p. 94.

[11] Dafermos M. (2016).

[12] Enfasi nostra.

[13] Come sopra.

[14] Come sopra

[15] Vygotskij L. (2006) pp.93/94.

[16] Vygotskij L. (2006) pp.94/95.

[17] Vygotskij L. (2006) p. 95.

[18] Vygotskij L. (2006) p. 96.

[19] Vygotskij L. (2018) p. 235. (nota nel testo relativo all’aera di sviluppo prossimo. – Она ближайешего развития. Il concetto più noto che appare abbastanza tardi negli scritti di Vygotskij (del 1932). Si trova in particolare nel capitolo 6 di Pensiero e linguaggio, nonché in stenogrammi sul problema dell’età. Spesso tradotto come “area prossimale di sviluppo”, questa traduzione rimane inaccurata, poiché non è l’area che è prossimale, ma lo sviluppo. Nelle nostre traduzioni, usiamo il termine “area di sviluppo prossimo” o “il più prossimo”.) (Nostra traduzione)