MAKSIM GOR’KIJ TORNA A SORRENTO SULLE ALI DELLA PROCELLARIA

Agostino Bagnato

Piazza della Vittoria a Sorrento ospita da qualche giorno un monumento dedicato a Maksim Gor’kij. Sono passati 85 anni da quando il grande scrittore russo lasciò definitivamente la residenza Il Sorito a Capo di Sorrento per rientrare a Mosca. Era il 1933 e tre anni dopo l’autore del Canto sulla Procellaria (Pesnja o burevestnike) sarebbe morto e le sue ceneri sarebbero state custodite sulle mura del Cremlino, vicino al mausoleo di Vladimir IL’ič Lenin, di cui era stato amico fin dalla giovinezza e dagli anni trascorsi a Capri.

E ritorna sulle ali del possente volatile che nelle tempeste di mare sfida i venti le nuvole e le onde. A questo celebre testo si è ispirato lo scultore russo Aleksandr Rukavišnikov per dare forma alla rievocazione del soggiorno sorrentino di Gor’kij, mentre il volto è ripreso da una foto altrettanto famosa dello scrittore. Sulla stele che racconta segnicamente i principali tratti della vita politica e letteraria di Aleksej Maksimovič Peškov, vero nome di Maksim Gor’kij, Massimo l’Amaro, due volatili dalle ali spiegate e dal lungo becco gracchiante planano quasi sorreggendo la testa dello scrittore che si erge dal libro aperto della sua vastissima opera narrativa, teatrale, giornalistica, poetica.

Sotto il profilo artistico, la scultura risponde a stilemi classici, di natura realistica, rifuggendo da linguaggi sperimentali e dall’utilizzo di nuovi materiali, pratiche molto impiegate in Occidente a partire dall’inizio del Novecento, con presenze russe significative rispondenti ai nomi di Aleksandr Archipenko, El Lisickij, Naum Gabo, Ernst Neisvestnyj e da ultimo Georgij Franguljan. Lo scultore Rukavišnikov ha voluto tenere conto del contesto rievocativo del monumento, posto in luogo di intensa visitazione e quindi adotta stilemi consoni alla fruibilità di massa. Inoltre, bisogna tenere conto che non tutti sanno della presenza di Gor’kij a Sorrento tra il 1924 e il 1933, per cui un messaggio esplicito era probabilmente scontato.

Giuseppe Cuomo, sindaco di Sorrento, può essere soddisfatto per essere riuscito nell’impresa di riportare Gor’kij a Sorrento. Lo ha fatto nel migliore dei modi, rifuggendo da cerimonie querule e mondane, puntando sulla solidità e durata di un messaggio ricco di storia. Nella chiesa di S. Angelo sono stati custoditi per molti decenni i resti di Silvestr Fëdosevič Ščedrin, giovane pittore russo morto a Sorrento nel 1830, anticipatore della scuola di Posillipo ancorata al nome di Anton van Pitloo.

Ščedrin ha dipinto la marina di Sorrento con grande sentimento romantico, specialmente nei notturni imbiancati dalla luna che ricordano i versi di Giacomo Leopardi nella Ginestra. Bastano i nomi di Gor’kij e di Ščedrin per fare di Sorrento un punto di riferimento della cultura russa nella stagione più felice del suo lungo percorso e legare in modo più stretto l’Italia alla Russia e i due popoli che anche se lontani, sentono di essere portatori di valori comuni.

Canto sulla Procellaria è un inno al coraggio, alla speranza, alla sfida dell’impossibile, alla rivolta. Pubblicato nel 1901 sulla rivista Zizn’ (Vita), conclude il precedente racconto Melodie primaverili, sequestrato dalla polizia e pubblicato soltanto dopo la rivoluzione d’Ottobre. E’ considerato, al pari della madre, l’incitamento alla sollevazione popolare contro l’oppressione zarista.

A Sorrento, nella tranquillità della residenza dei duchi Maresca di Serracapriola, tra agrumeti e frutteti, Maksim Gor’kij portò a compimento il romanzo Delo Artomonovych (L’affare degli Artomonov) e soprattutto scrisse la sua monumentale opera Žizn’ Klima Samgina (La vita di Klim Samgin), oltre a mettere ordine nella sua vastissima narrativa precedente e a curare l’edizione delle sue opere complete. Ila figura di Klim Samgin merita di essere attentamente valutata nella narrativa russa del Novecento, perché costituisce il personaggio emblematico del borghese che guarda agli avvenimenti socio-politici con distacco e quasi in preda a una incapacità di decidere e di agire, una sorta di Oblomov nelle generazioni successive all’abolizione della servitù della gleba e alla nascita dell’industria.

A Sorrento la famiglia era con lo scrittore e le nipotine Marfa e Darija allietavano le sue giornate. Il figlio, un po’ scapestrato, girava l’Italia in automobile. La segretaria Mjura Zakrevskaja Budberg curava la corrispondenza e l’archivio. La polizia italiana vigilava attentissima. Ma i numerosi visitatori italiani e stranieri, tra cui moltissimi esuli russi, non creavano nessun pericolo per la stabilità del regime fascista. Era Stalin che aveva bisogno di Gor’kij a Mosca per consolidare il proprio potere anche in campo letterario, creando l’Unione degli scrittori sovietici, organismo unico che avrebbe assorbito le associazioni artistiche nate con la Rivoluzione. Al suo rientro a Mosca, Gor’kij sarà incaricato di organizzare il Congresso degli scrittori sovietici nell’estate del 1934 e ne sarebbe diventato il presidente. Stalin era riuscito a convincere il riluttante scrittore a compiere l’impresa che avrebbe costituito la nascita del realismo socialista nell’arte, corrente ufficiale della cultura sovietica fino al disgelo (Ottepel’) seguito alla morte del dittatore georgiano. Ma Gor’kij non è mai stato uno scrittore appartenente alla scuola del realismo socialista. Chi sostiene questa tesi ancora oggi è in malafede, oppure non lo ha letto. Spesso succede nel mondo della critica prezzolata. Lo scrittore, a dispetto di tutti i difficili momenti politici, è rimasto Gor’kij, l’Amaro, appunto! Il grande narratore che ha concepito il suo mondo narrativo e artistico fondamentalmente tra le case, i giardini, gli scogli e le onde delle marine di Capri e di Sorrento.

Maksim Gor’kij era già il monumento di se stesso.

Agostino Bagnato

Roma, 7 novembre 2018

Песня o Буревестнике

Нaд седой равниной моря ветер тучи собирает. Между тучами и морем гордо реет Буревестник, чёрной молнии подобный…

… – Буря! Скоро грянет буря!

Это смелый Буревестник гордо реет между молний над ревущим гневно морем; то кричит пророк победу:

  • Пусть сильнее грянет буря!…

Максим Горький

Песня o Буревестнике (1901)

CANTO SULLA PROCELLARIA

Sulla bianca distesa del mare raduna il vento le nubi. Tra le nubi e il mare orgogliosamente si libre la procellaria, simile a un nero fulmine.

Ora sfiorando con l’ala le onde, ora slanciandosi come saetta verso le nubi, essa grida: e le nubi sentono la gioia nel grido ardimentoso dell’uccello. In quel grido c’è la rama della tempesta! Le nubi sentono in quel grido la forza dell’ira, la fiamma della passione e la sicurezza nella vittoria.

I gabbiano gemono di fronte alla procella; gemono, volano, qu e là sul mare e sarebbero pronti a nascondere nel suo fondo il loro terrore davanti alla tempesta.

Alcuni colimbi gemono: è inaccessibile ai colimbi il piacere di battersi per la vita, il rimbombo dei colpi li spaventa. Lo stolto pinguino nasconde timidamente il grasso corpo tra gli scogli… Soltanto l’orgogliosa procellaria si libra ardita e libera sul mare bianco di schiuma!

Le nubi calano sempre più cupe e basse sul mare, le onde cantano e si gettano in alto verso i tuoni. Il tuono rimbomba. Le onde si lamentano nella loro schiuma d’ira, disputando col vento. E il vento avvolge i branchi di onde, nel suo forte amplesso, e li butta con rabbia selvaggia contro gli scogli, frantumandone il polvere e spruzzi le masse smeraldine.

La procellaria si slancia con un grido, simile ad un fulmine nero, trafigge le nubi come una freccia, con l’ala porta via la schiuma delle onde. Ed ecco che volteggia come un demone, il superbo demone nero della tempesta, e ride e singhiozza… Ride delle nubi, singhiozza di gioia! Nella collera della tempesta quel demone sensibile già da tempo ormai ha percepito la stanchezza, è sicuro che le nubi non riusciranno a nascondere il sole, no, non riusciranno!

Il vento ulula… Il tuono rimbomba… i mucchi di nubi ardono d’una fiamma azzurra sugli abissi del mare. Il mare afferra i dardi dei lampi e li spegne nel suo baratro. Come serpenti infuocati, si attorcigliano nel mare i riflessi di quei lampi e scompaiono.

  • La tempesta! Presto infurierà la tempesta!

E l’audace procellaria, si libra orgogliosamente tra i lampi, sul mare ruggente di collera, e grida, profetessa di vittoria:

  • Infuri più violenta la tempesta!

Maksim Gor’kij

Il canto della procellaria, 1901

(Traduzione di Agostino Bagnato)