BENVENUTO A MATERA, ANTON SEMËNOVIČ MAKARENKO!

Agostino Bagnato

presidente Associazione Italiana Makarenko

L’Associazione Italiana Makarenko porge il benvenuto a tutti i partecipati all’incontro internazionale di Matera. Ma porge il benvenuto ad Anton Semënovič Makarenko in Italia a ottanta anni dalla sua scomparsa, la cui eredità culturale approda in Lucania dopo l’incontro di Oppido Lucano qualche anno fa, a cura di Francesco Tamburrino. Questa regione, abitata da un’antica popolazione italica di pastori e agricoltori in lotta con Greci e Romani, ha dato i natali al poeta latino Orazio, al musicista Gesualdo da Venosa, al poeta Rocco Scotellaro; nel Novecento ha ospitato il confino politico del pittore e scrittore Carlo Levi; ha visto lotte sanguinose contadine per la riforma agraria; è stata testimone di importanti innovazioni urbanistiche come il quartiere La Martella. Matera è quel meraviglioso sito naturalistico, storico, monumentale che tutti conoscono come “I Sassi”, dichiarato patrimonio dell’umanità. Qui sono stati artisti e maestri del cinema, come Pier Paolo Pasolini. Quest’anno è la capitale europea della cultura. Bastano queste brevi notazioni per fare comprendere quanto sia opportuna la presenza di  Anton Semënovič Makarenko in questa regione per arricchirne ulteriormente il patrimonio storico e culturale.

Chi lo avrebbe mai detto! Un grande pedagogista che viene dalle pianure ucraine, dalla steppa russa, dalle città di quella immensa terra dove si sono consumate esperienze fondamentali per la storia politica, culturale, economica e sociale del XX secolo, varca i confini dello spazio e del tempo. E Anton Semënovič è stato uno dei protagonisti di quella storia sul piano pedagogico e letterario senza spazio e senza tempo. La sua lezione è stata coraggiosa e lungimirante, profetica per alcuni aspetti. Ha saputo guardare con realismo e piena consapevolezza alle conseguenze della guerra civile nella Russia rivoluzionaria, alla terribile realtà dei bambini e degli adolescenti senza tutela, i famosi besprizornye delle sue colonie e comuni pedagogiche, della disgregazione delle famiglie e di interi segmenti della società. Ha saputo costruire risposte concrete, costruttive e positive ai bisogni dell’infanzia abbandonata e della società nuova che stava sorgendo dalle macerie della guerra civile. Non ha colto fino in fondo le degenerazioni staliniane di cui ha rischiato di essere vittima, né ha potuto prevedere la crisi inarrestabile e la fine dell’Unione Sovietica e del comunismo russo, nonostante il sacrificio di milioni di abitanti nel corso della Seconda guerra mondiale, né poteva immaginare la disgregazione della società industriale e mercantile degli ultimi decenni del Novecento, né il grande fenomeno migratorio degli ultimi tempi che ha colpito l’Europa mediterranea e l’America centro-settentrionale, ma ha saputo costruire risposte coerenti con la sua visione della pedagogia e della società moderna. La sua lezione resta un punto di arrivo importante della pedagogia del Novecento, al pari di quella di Maria Montessori,  John Dewey, Jean Piaget.

Da questo incontro materano nascerà sicuramente un forte impulso per gli studi e le ricerche avviati in Italia nel dopoguerra da Lucio Lombardo Radice, Pietro Braido, Bruno Bellerate e proseguiti con grande impegno ed energia da Nicola Siciliani de Cumis. Ma l’augurio è che si possa allargare il campo dell’indagine sull’attualità di Makarenko per affrontare le emergenze della società contemporanea. Il problema è come superare visioni ideologiche e distorsive. Makarenko bolscevico? Non interessa a nessuno, oggi, sapere cosa pensasse Anton Semënovič di Stalin, Trockij, Lunačarskij, Krupskaja o Gor’kij, ma cosa ha fatto per l’educazione e la formazione degli emarginati e degli esclusi attraverso il collettivo pedagogico e il lavoro come strumento di promozione individuale, autostima e di accrescimento della responsabilità personale e collettiva. Quanto bisogno ci sarebbe oggi di quell’esperienza nelle periferie delle grandi città, nelle zone emarginate preda della criminalità dove l’abbandono scolastico ha punte molto alte, dove prospera lo spaccio di droga e la cultura dell’illegalità. Ma c’è una nuova emergenza nella società italiana e degli altri paesi mediterranei come Spagna, Francia, Grecia, Malta e riguarda l’immigrazione dal Nord Africa e dal Sahel, oltre che dalle aree mediorientali e asiatiche colpite da guerre fratricide. Bisogna anche tenere presente che la presenza di centinaia di migliaia di lavoratori provenienti da paesi e culture lontane costituisce una ricchezza umana, culturale, linguistica, religiosa e operativa maggiore rispetto ai paesi caratterizzati da immigrazione prevalentemente proveniente da un’unica area geografica. Da questo punto di vista l’Italia è favorita, sia nella contaminazione di razze e  tradizioni sia nell’espletamento di lavori manuali, intellettuali e nei servizi. Non c’è settore produttivo e di servizi che non veda una consolidata presenza di immigrati. E se dovesse cessare improvvisamente questo flusso che alimenta l’economia nazionale, cosa potrebbe succedere nella strutture produttive di molte aree del Paese e nelle stesse famiglie italiane? Si pensi per un attimo a cosa succederebbe nella Pianura Padana se tutti gli Indiani che lavorano nelle aziende zootecniche dovessero lasciare l’Italia! E se non ci fossero lavoratori per raccogliere pomodori, olive, agrumi, ortaggi; fare la vendemmia; se i bengalesi tornassero in patria, chi gestirebbe migliaia di negozietti di frutta e verdura e svolgerebbe i servizi più umili; se decine di migliaia di cinesi lasciassero negozi di alimentari e articoli per la casa; se cuochi e camerieri egiziani o pakistani lasciassero pizzerie bar e ristoranti; se badanti ucraine, asiatiche e latino americane abbandonassero le famiglie dove accudiscono ammalati e anziani. E si potrebbe continuare a lungo.

IL LAVORO COME RISPOSTA

Come integrare gli immigrati che hanno diritto, che possono ottenere il permesso di soggiorno i cui figli in futuro potranno diventare cittadini europei? Non c’è soltanto la risposta umanitaria, assistenzialistica, caritatevole e solidaristica, ma lo strumento più idoneo è il lavoro. E non soltanto il lavoro produttivo. Cosa ha fatto Muhammad Yunus nel miserrimo Bangladesh, le cui popolazioni urbane e rurali erano state colpite dalla miseria? Non ha pensato a risposte pietistiche, da elemosina per lavarsi i peccati, ma ha prestato pochi soldi a donne e uomini poverissimi perché potessero iniziare un’attività, perché il lavoro e solo il lavoro avrebbe dato loro dignità. Sono nati così il micro credito e la Grameen Bank, strumenti adottati in tutto il mondo negli ultimi quaranta anni, compreso il ricco Occidente. I risultati sono stati molto soddisfacenti, anche se le grandi banche hanno fatto la guerra e continuano a farla a Muhammad Yunus, che non si scompone affatto!   Ma il problema sono le ondate migratorie senza controllo, formate da persone spesso senza mestiere o professionalità. Come si fa a integrare queste persone, moltissime delle quali non si riuscirà mai a espellere dall’Europa e a far tornare nei paesi d’origine, da cui sono fuggiti rischiando ripetutamente la vita. Come avrebbe affrontato questo problema  Makarenko?

Vorrei soffermarmi brevemente su un aspetto dei processi rieducativi e di integrazione socio-economica, lasciando da parte la drammatica narrazione sull’invasione dell’Italia e dell’Europa da parte di stranieri ostili. I tragici episodi di terrorismo e di criminalità non aiutano a interrompere questa odiosa narrazione nazional-populista e sovranista, ma bisogna guardare la realtà per quella che è, nelle sue dimensioni e strutturazioni. Se non si creano prospettive di lavoro produttivo, come si fa ad essere rigorosi con chi giunge in Italia e in Europa? L’attrattività inevitabile dell’emarginazione che porta alla micro criminalità aggiunge nuova paura. Per cui, rivolgersi a chi chiede asilo con strumenti educativi e formativi realistici e costruttivi appare la strada obbligata, in tutte le sedi. Anton Semënovič non avrebbe mai pensato all’assistenzialismo e all’umanitarismo caritatevoli che sembrano prevalere nell’ Europa comunitaria. Il reddito di cittadinanza non gli sarebbe mai venuto in mente! E quale esperienza appare essere storicamente positiva come quella del collettivo pedagogico che unisce educazione, formazione, lavoro. Responsabilità e autopromozione: ecco lo slogan che ha un suo sviluppo valoriale nel futuro di chi s’impegna e ottiene dei risultati. Il premio potrebbe essere la cittadinanza futura per coloro che si distinguono e costituiscono un esempio per le rispettive comunità. Si tratta di un percorso attrattivo che richiede competenza e ragionevolezza.

Ma quale sarà il lavoro del futuro? E come s’intreccerà l’intelligenza artificiale che porterà la robotica a sostituirsi all’umano, con l’androide che svolgerà attività programmate a distanza, non soltanto nella produzione industriale e nei servizi, ma anche nella gestione domestica e nell’assistenza alle persone. Nessuno sa dire oggi dove porterà questo percorso ipertecnologico. L’Associazione Italiana Makarenko sta cercando di analizzare il fenomeno con l’ausilio di sociologi, psicologi, neuropsichiatri, operatori socio-sanitari. Ma intanto resta decisivo cosa si può fare oggi, cosa si deve fare oggi. E Makarenko continua a suggerire soluzioni basate sul rispetto dell’uomo, il suo umanesimo progressivo dato dal senso di responsabilità, autostima, reciprocità nelle relazioni di prossimità. Si tratta di un orizzonte lungo, ma non ci sono scorciatoie, non esistono altre strade: o impossibili muri e respingimenti, o l’assistenzialismo fine a se stesso, o peggio l’emarginazione e la criminalità.

Per questo discutere con le istituzioni pubbliche, con le associazioni imprenditoriali, con gli operatori socio-sanitari, accanto all’opera di sensibilizzazione e di comunicazione dei mass media e del campo artistico, può rappresentare un’occasione propizia per segnare qualche passo avanti su questo lungo cammino che non cesserà mai, perché l’umanità presenterà  nuove sfide nel suo divenire e la storia sedimenterà i suoi processi evolutivi.

Grazie.

Agostino Bagnato

Roma, ottobre 2019